Le lezioni della montagna

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Le lezioni della montagna

 

Vette di amicizia e fratellanza

Nelle giornate in cui la cronaca o le relazioni personali ci parlano di divisioni e di inimicizia, ci velano i pensieri di tristezza e ci ricordano la prevalenza delle cattive abitudini che affaticano le nostre vite, diventa necessario concedersi un cambio di pensieri, con una buona dose di emozione, tuffandosi sulle pagine di un libro: se la fortuna ci soccorre (e la nostra raccolta di pubblicazioni dedicate alla montagna è il risultato di scelte meditate) avremo a disposizione già dal titolo il profumo di sentimenti forti e di un messaggio corroborante che promette il ripristino di un’intimità foriera di serenità ed ottimismo.

Ci sono casi in cui l’attesa desiderante cresce di fronte alle immagini della copertina; e se sono rappresentate dalle foto che si sovrappongono dei giovani volti sorridenti di Reinhold Messner e Walter Bonatti, la ricerca è già terminata! Ed il titolo, in mezzo, diventa un’affermazione che ti promette una lettura piena di emozioni: “Walter Bonatti – Il fratello che non sapevo di avere”.

Chi non ha nelle gambe l’affaticamento e nella mente il fascino dell’escursione alpinistica, chi non conosce le vite parallele di due straordinari protagonisti del ventesimo secolo che, seppur diacronicamente,  hanno saputo interpretare e vivere imprese sovrumane sospinti dalla passione per la montagna, non può capire quanto significative e ricche di empatia sono le parole che il più giovane Reinhold rivolge al più anziano Walter, incontrato nel 2004 – dopo un lungo periodo di avvistamenti ed incomprensioni – e frequentato successivamente con l’intensità di un affetto e di una confidenza profonda fino alla dolorosa scomparsa nel 2013.

Non è stata la notorietà a farmi scoprire di avere un fratello in più. Nulla a che fare con questioni di sangue. Molto, invece, con i sentimenti. Con gli ideali. Con una visione di vita condivisa. Nei pensieri e, prima di tutto, nell’azione. Walter  Bonatti è il fratello che non sapevo di avere”.

Non si tratta solo del riconoscimento postumo della grandezza del maestro italiano a cui lo scalatore altoatesino si è ispirato per realizzare un progetto di vita dedicata integralmente alle cime, che l’ha portato a scalare per primo tutti i 14 ottomila e con il quale ha condiviso l’esaltazione delle sfide impossibili e delle conquiste, ma anche la sofferenza di attacchi e polemiche collegate a drammatiche vicende personali (il K2 per Bonatti, il Nanga Parbat per Messner); è molto di più: rappresenta  la comprensione che anche quando siamo chiamati a sfidarci inseguendo sogni ed avventure a cui affidiamo l’affermazione della nostra identità, la ricerca di libertà e realizzazione, abbiamo davanti e/o di fianco a noi un  “fratello” che ci accompagna e ci dà la misura della nostra capacità di condividere il comune destino.

Anche i più grandi ed esaltanti progetti personali (come nel caso del visionario ed insaziabile inseguitore di mete altoatesino) rappresentano l’occasione – pur nell’espressione della più autentica vocazione individuale – per trovare ispirazione e confrontarsi con le “imprese” degli altri protagonisti:del mondo alpinistico, così come dei contesti in cui tutti ci sentiamo impegnati a dare e raggiungere il meglio di noi.

Certo la montagna costituisce l’ambiente naturale che può mettere a più dura prova la tempra personale ed imporre la “disciplina della cordata”, ovvero l’accettazione di  regole di altruismo e solidarietà; ma la “fratellanza” dichiarata e motivata da Messner è una testimonianza che commuove per schiettezza e profondità di argomentazioni, che sono supportate dalla ricostruzione binaria di due vite, incrociate e rilette per ritrovarne il senso di un messaggio unitario ed universale..

A coloro che sono animati da propositi ambiziosi o conoscono persone intenzionate a perseguirli, il consiglio è di leggere e regalare questo libro:  una lettura che produrrà una sferzata di rinnovato vigore, l’insegnamento prezioso di interpretare l’avventura – anche quando, spesso in montagna, è solitaria – non come tuffo nella solitudine, bensì come impegno per ritrovare in se stessi l’energia per con-vivere più pienamente la propria umanità, ovvero la capacità di riconoscere ii molti “fratelli sconosciuti” che si incontrano anche nei sentieri non tracciati nelle nostre mappe tradizionali.

 

 

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