L’intervista. Il Nobel per la letteratura Gao Xingjiang e la battaglia degli intellettuali: “Un cambiamento è lontano”
PAOLO GRISERI – Repubblica – 16.7.17
Come si combatte il potere?
«Si combatte uscendo dalla logica del potere. È una battaglia innanzitutto interiore ».
Tre giorni dopo la morte di Liu Xiaobo, premio Nobel per la pace 2010, un altro premio Nobel cinese, lo scrittore Gao Xingjiang, ospite al Festival Collisioni di Barolo, invita a «trovare ciascuno dentro di sé la strada per fuggire dalle costrizioni dei regimi».
Conosceva Liu Xiaobo?
«Non l’ho mai conosciuto personalmente. Non posso esprimermi sulla sua vicenda. Abito a Parigi, non vivo in Cina dalla fine degli anni ‘80. So che era molto malato. È morto mentre ero in volo verso l’Europa, non conosco le circostanze esatte».
Come giudica il potere in Cina?
«Il problema del potere è uguale in tutto il mondo. È un problema storico e antropologico. Si presenta in tutti i tipi di società ad eccezione di quelle matriarcali. Il potere tutela interessi e finisce per generare lotte tra interessi diversi. Io ho imparato a fuggire da tutto questo. Ho lasciato la Cina perché quel tipo di logica, la battaglia di un potere contro l’altro, non mi interessava più. Da quel momento ho deciso che diventavo cittadino del mondo. E soprattutto ho scelto di uscire dalla logica del Novecento, dall’idea che un individuo può cambiare i destini dell’umanità. Questa è una falsa presunzione, frutto dell’ideologia marxista, che io ho imparato a conoscere bene fin da giovane».
Insomma non la colpisce che ancora oggi in un grande Paese come la Cina si possa essere imprigionati per le proprie idee?
«Certo che mi colpisce. Ma oggi la Cina è questa. In tutto il mondo i regimi negano la libertà degli intellettuali, li mettono in prigione, impediscono la pubblicazione dei loro libri. Illudersi di poter cambiare questo, sperare che un individuo possa cambiare questo stato di cose, è assurdo».
Per le sue idee e per i suoi scritti lei è stato imprigionato, condannato al lavoro nei campi. Anche il problema della libertà è un problema del Novecento?
«Quello della libertà è un problema che ciascuno ha innanzitutto al suo interno. Il caos originario è dentro di noi. Nel mio libro “Le montagne dell’anima” ho raccontato il viaggio di tre soggetti ai quali non ho dato un nome proprio ma un soprannome: io, tu, loro. Sono, in realtà, le tre parti che ciascuno di noi ha dentro. Trovare un senso, un legame, tra queste tre parti, serve a capire quali sono gli spazi della propria libertà».
Lei combatte da tempo la sua battaglia contro le ideologie: fascismo, comunismo, ecc. Ma le religioni non sono altrettante ideologie?
«Se la religione è una fede, allora è una cosa buona: ciascuno ha fede, ha fiducia in un Dio e questo è positivo. Lei invece fa riferimento ai casi in cui le religioni diventano un potere, si arrogano il diritto di decidere le scelte delle persone. In quel caso anche le religioni diventano una forma del potere e vale quel che abbiamo detto prima».
Se dovessimo usare una categoria del Novecento si potrebbe dire che lei è nichilista…
«Ah certo. Ma come vede io sono fuori da quelle categorie. Io sono fuori dalla Cina. Non sono più in quella realtà. E penso che ci siano miliardi di posti nel mondo dove sia possibile esercitare la propria libertà intellettuale».
Perdoni, può permettersi di vivere fuori dalla Cina perché è un intellettuale, un premio Nobel. Ma i contadini delle campagne cinesi come possono sperare un giorno di avere libertà?
«Ecco una domanda tipica degli occidentali del Novecento. Io li ho conosciuti i contadini cinesi. Sono stato costretto. Sono andato a lavorare nei campi come punizione per le mie idee. E sa che cosa le dico? Che per i contadini cinesi il problema non è la libertà. È invece la fame. Come nutrirsi e soprattutto come nutrire i loro figli ».
Ma anche per loro sapere che possono leggere solo alcuni libri e non altri, come ad esempio i suoi, non è un problema?
«Le posso garantire che non lo è. In Cina i contadini non leggono, lavorano e basta».
E tutto questo non potrà mai cambiare?
«Non lo so. Certo pensare che dei semplici individui o degli intellettuali possano provocare il cambiamento politico è un’idea falsa e sbagliata».