FERRARA E IL PRINCIPE

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FerraraFERRARA ED IL PRINCIPE.

Sono molte le ragioni della  gratitudine che nutro nei confronti del Direttore del Foglio:

  • la prima è legata alla “nidiata” di giovani collaboratrici & collaboratori di cui ha saputo circondarsi e che rappresentano, a mio modesto parere, un esempio raro di scrittura giornalistica fresca,sapida ed irriverente che – pur non appiattendosi pigramente sui fatti – è in grado di evitare faziosità, esprimendo  sempre opinioni argomentate ed argute, punti di vista che non si celano dietro la presunta obiettività di molte firme dei quotidiani maggiori (confesso che sono un simpatizzante della Oriana Fallaci che sosteneva: “Se io sono un pittore e faccio il tuo ritratto, ho o no il diritto di dipingerti come voglio?”)
  • la seconda è data dalla scelta editoriale di un giornale “smilzo”, quasi una manifestazione di autoironia  per il pingue Giuliano, ma con un tasso di  densità ed espressività intellettuale che valgono il costo maggiorato di € 1.50 ed un rapporto tempo impiegato nella lettura / qualità dell’informazione decisamente vantaggioso
  • un’ulteriore motivo di riconoscenza è per il lavoro redazionale che si esprime nel monitoraggio e nella rappresentazione – pur nei limiti di un’impaginazione vincolata –  dei temi, dilemmi e querelle di natura valoriale, ideologica, storica e politico-culturale  che offrono al lettore l‘opportunità di uno sguardo profondo e di una riflessività aperta, liberata dai vincoli degli schieramenti pregiudiziali che caratterizzano gran parte della stampa italiana,  finanziata da gruppi immersi nel gioco a specchi dell’indipendenza paraculistica e/o del lobbismo parapartitico (pienamente legittimo e talvolta efficace in certe “campagne” focalizzate questioni cruciali, ma ripetitivo e “targato” in modo stucchevole e degno di miglior causa
  • e poi ci sono tante altre ragioni più specifiche come le invasive  e spassose incursioni di Vincino, gli impagabili corsivi di Andrea Marcenaro, l’utilissima versione online…..

Per  tutte queste caratteristiche, meritorie, sono un lettore che coltiva delle attese sul modello di informazione giornalistica e che quindi,  in un frangente come l’attuale, nel quale il  condensarsi di una serie di limiti  politico-culturali ed istituzionali del bipolarismo muscolare (a cui la leadership carismatico-autocratica  berlusconiana ha dato un contributo determinante) da un giornale vocato al  “combattimento delle idee”  si aspetta che si concentri nello svisceramento  coraggioso delle  luci ed ombre di un ventennio, ma soprattutto colga  i  caratteri di quella che un Paese ancora pieno di acciacchi – ma meno disorientato rispetto al ’94 –  invoca come una necessaria discontinuità ideologico-programmatica (anche sotto il profilo  anagrafico) nella formazione e gestione degli schieramenti partitici.

Il piatto  della discussione nell’arena pubblica – che si è dilatata grazie ai socialmedia – è ricchissimo e, detto tra parentesi, costituisce anche un’occasione ghiotta  per una carta stampata che non  affidi le proprie fortune solo al trito gioco delle firme e delle inchieste “anticasta”,  diventate oramai  strumenti di pressione e ricatti lobbistici in mano ai gruppi bancari e finanziari che detengono la proprietà delle maggiori  testate.

Dal nuovo ulteriore mutamento in corso della  forma partito ai contenuti concreti e praticabili di quella rivoluzione liberale ripetutamente annunciata ed in larga misura affogata nella palude romana; da una riforma elettorale incardinata su un nuovo protagonismo responsabile dei cittadini e dei alla rigenerazione di una cultura politica sintonizzata sulle sfide europee e della competitività globale che il Paese deve affrontare; dalla focalizzazione  dei perduranti limiti del policy making alla emersione dell’Italia che ce la fa, dall’identificazione dei luoghi e dei gruppi sociali alla deriva all’individuazione dei programmi e delle esperienze che dimostrano la non ineluttabilità di un futuro di miseria;  meno annunci di sfacelo e maggiore capacità indagatrice delle realtà sociali, economiche ed amministrative che combattono senza timori il declinismo; ed ancora: denuncia sistematica delle aberrazioni del sistema giudiziario, fiscale, penitenziario, accompagnata dalla documentazione altrettanto rigorosa delle riforme non applicate e dei vincoli sociali ed istituzionali – da tener ben presenti –  sempre sottaciuti (in base ad una consuetudine della superficialità populista condivisa tra aspiranti leader politici e  giornalisti aspiranti ad uno strapuntino nei talk show….).

Insomma, senza rubare il mestiere a nessuno, credo che ci siano tante pagine e post da scrivere, tanti dibattiti e polemiche da sostenere pubblicamente e che in questa battaglia civile Il Foglio abbia il diritto ed il dovere  di occupare  un posto in prima fila.

Certo si tratta di un lavoro duro, meno intrigante ed affascinante (anche se deprimente – secondo le malelingue degli osservatori più smaliziati) della partecipazione in diretta ai mirabolanti esercizi di sopravvivenza e/o affermazione politica di  leader a cui si continua ad attribuire un potere ed un ruolo salvifico che è un misto di ingenuità e di idolatria.

La faccio breve perché sul tema della classe dirigente necessaria alla rigenerazione del Paese ritornerò (rinvio comunque alle prime note scritte su MERKEL E NOI); mi limito a citare un’affermazione contenuta nel testo dell’esortazione che il Direttore  Ferrara ha rivolto, in forma di lettera aperta,  a Matteo Renzi: “Eppure non hai alternativa, e secondo me devi vincere su questa piattaforma di ribaltone, devi dire: bè sentite, è chiaro che se il popolo di sinistra mi dà un mandato, questo mandato è di cercare di vincere e riprendere in mano il governo per sperimentare una nuova leadership mai vista prima d’ora (sic!), con persone mai viste, con idee mai viste, non il solito film con i suoi temporeggiamenti, il suo montaggio lento…….   Su Matteo, non fare il  furbo. Sei lì per un’altra cosa, dillo e combatti” (Il Foglio, domenica 9 novembre).

Posso capire la necessità di elaborare il lutto per il declino dello sceicco, ma vorrei sommessamente segnalare che a Firenze in questo momento non c’è nessun “Principe” a cui dare consigli: semmai  c’è un giovane leader a cui suggerire di imparare bene ad evitare il velleitarismo programmatico e le promesse  populiste che hanno costituito il mainstream dell’ultimo ventennio: di cui  Berlusconi non può certamente essere ritenuto l’unico responsabile, ma che sicuramente deve essere superato con la ricerca di nuovi paradigmi politico-culturali e di nuovi percorsi per la rivitalizzazione dell’assetto istituzionale e della partecipazione democratica.

Al buon giornalismo il compito di indagarli, svelarli ,  farne discutere ed appassionare!

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