Ho salvato le librerie flirtando col nemico

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L’intervista a James Daunt

ENRICO FRANCESCHINI – la Repubblica – 15.12.17

Com’è la sua libreria ideale?
«È piccola, ma non troppo. Come la prima libreria che ho aperto. Nelle mega librerie, da lettore, ci andrei una volta al mese. Ma le amo tutte.
Quando non so cosa fare, vado a gironzolare nella libreria più vicina.
Quando sono in vacanza, all’estero, le visito come le chiese e i musei, anche se sono piene di libri in una lingua che non è la mia».
Non è stato rischioso per Alksandr Mamut, il miliardario russo che ha comprato Waterstones, scegliere lei come direttore e amministratore delegato? Era come affidare una fabbrica a un artigiano.
«Sarebbe stato un rischio affidarmi una fabbrica. O una catena di elettronica. Ma per una catena di libri ha scelto qualcuno che conosceva bene i libri e questo era meno rischioso».
Andate d’accordo?
«Certamente. Anche Mamut ama i libri. E possedeva già qualche libreria in Russia. Ci sono miliardari del suo paese che si comprano una squadra di calcio o uno yacht. Lui ha preferito comprare Waterstones».
Adesso però pensa di vendervi.
«Gli serve del cash per altri investimenti. È legittimo: valiamo cinque volte quello che ha pagato per comprarci. Comunque non sono preoccupato. Credo che il prossimo non sarà un proprietario in carne ed ossa, bensì un fondo di investimenti: non siamo più un’azienda vicina alla bancarotta, siamo un’azienda che fa soldi».
Se la sua storia fosse un film, ora arriverebbe Julia Roberts e la convincerebbe ad abbandonare Waterstones per andare con lei a occuparsi di una piccola libreria. Prevede un finale del genere?
«Sì e senza bisogno di Julia Roberts. Sono orgoglioso di avere salvato Waterstones. Ma prima o poi tornerò a occuparmi di Daunt Books, la mezza dozzina di librerie londinesi che portano il mio nome e che sono rimaste mie. Da quando dirigo Waterstones non le gestisco più di persona, ma il mio cuore resta lì. Tornerò nella prima che aprii, su Marylebone High Street, per stare in mezzo ai libri, scegliere che libri vendere, consigliare libri a una ventina di clienti al giorno. Ed essere felice, perché questo è il mestiere che amo».
Se la sua storia fosse un film, per interpretarla andrebbe bene un tipo alla Hugh Grant. Un giovanotto uscito dalle migliori boarding school inglesi con laurea in storia a Cambridge diventa banchiere a New York, ma si stanca presto di fare soldi e, quando la sua girlfriend sente nostalgia di Londra, torna in patria deciso a perseguire un vecchio amore: i libri. Fonda una piccola libreria indipendente, ha un tale successo che ne apre altre cinque, in una delle quali un giorno gli si presenta un cliente. È un russo. Miliardario. «Ho comprato la più grande catena di librerie del Regno Unito», gli dice il russo. «È sull’orlo della bancarotta. Verrebbe a dirigerla?» Il libraio accetta e in tre anni la salva, riportandola in attivo.
«È stato facile», dice James Daunt, il protagonista dell’impresa, davanti a un latte macchiato nel caffè con vista all’ultimo piano di Waterstones Piccadilly, la più grande delle sue 300 librerie. Lui minimizza, ma nell’ambiente è un mito, non per nulla invitato a fare lezioni alla Scuola dei Librai di Venezia.
Facile salvare le librerie, nell’era di Amazon e della rivoluzione digitale, mister Daunt? Come ha fatto?
«Le librerie non possono essere gestite come qualsiasi altra catena di prodotti. Devono avere una personalità, conoscere i propri clienti, amare il prodotto che vendono. E ognuna è diversa dalle altre. Io ho dato autonomia e maggiore responsabilità a ciascuno dei miei librai».
Risultato?
«Più efficienza nei costi, meno rese, più copie vendute. E sono tornati i profitti».
Non ha cambiato nient’altro?
«Ho fatto togliere l’uniforme ai librai: non sono camerieri o commessi. E ho deciso di gestire in proprio i caffè e ristoranti all’interno delle nostre librerie, così possiamo decidere noi come utilizzarle quando abbiamo eventi».
Inoltre è andato a letto col nemico: Amazon.
«Vero! Adesso vendiamo i kindle. E abbiamo il wi-fi gratuito in tutte le librerie, così un cliente può controllare subito quanto costa un libro su Amazon. Ha presente come funziona nel calcio? Se pensi che l’avversario è più forte, parti battuto in partenza. Le librerie non devono pensare che Amazon, poiché i suoi libri costano meno, è più forte. È soltanto diverso. L’esperienza di entrare in una libreria, sfogliare volumi, comprarli di persona, rimane imbattibile».
Dunque ha fiducia nel futuro del libro di carta?
«Il mercato ha dimostrato che i libri digitali sono una nicchia. Quelli di carta non scompariranno mai.
Avere a casa propria uno scaffale di libri è un modo unico di affermare la propria identità. Toccare un libro è un piacere fisico. E il numero di coloro che vanno all’università, dunque hanno un’istruzione superiore e leggono, aumenta di continuo. I libri hanno un grande futuro».
Come sceglie e addestra i 3500 dipendenti di
Waterstones?
«Sono tutti laureati. Fanno un corso in cui imparano che c’è un metodo scientifico per vendere libri. E passano del tempo accanto ai colleghi più esperti di loro. Per apprendere come si fa il libraio non c’è niente di meglio che farselo spiegare da un libraio».

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