L’intelligenza collettiva potenziata dalla rete digitale

Tempo di lettura: 3 minuti

INTERFACCE, PIATTAFORME E SMART MOB: COSA CAMBIA PER LA NOSTRA VITA QUOTIDIANA

Guido Romeo – NOVA24 21 Febbraio 2016   Il Sole 24 Ore

Quando si tratta di intelligenza, il gruppo è molto più della somma delle parti. Il segreto è l’intelligenza collettiva, quel fenomeno naturale che permette alle api di organizzare i propri alveari in modo così efficiente da essere dei superorganismi, agli stormi di volare in formazioni serratissime senza mai scontrarsi e che, grazie alla rete digitale, sta rivoluzionando anche l’economia e la conoscenza. È per questo che, tra le «Lezioni di Futuro» non poteva mancare un approfondimento dedicato a questo nuovo campo dove le tecnologie del cloud e dell’intelligenza artificiale si stanno alleando con la ricerca comportamentale per disegnare organizzazioni in grado di compiere scelte migliori in tutti i campi, dagli investimenti, alla lotta al cambiamento climatico e perfino al dating. Per Pierre Levy, pioniere del settore e docente all’Università di Ottawa, l’intelligenza collettiva è, infatti, «una forma di intelligenza universalmente distribuita, costantemente aumentata, coordinata in tempo reale e in grado di indurre un’effettiva mobilitazione di competenze. Ma soprattutto, con una caratteristica indispensabile: la base e lo scopo dell’intelligenza collettiva è il mutuo riconoscimento e arricchimento cognitivo degli individui».

Il risultato di gruppi con un obiettivo e rete digitale sono le smart mob, le folle intelligenti descritte da Howard Rheingold. Un fenomeno in crescita e con un potenziale destinato a esplodere nei prossimi anni se si pensa che nel 2020 ci saranno 5,5 miliardi di persone, praticamente l’80% della popolazione terrestre, connesse attraverso gli smartphone. Ma come si trasforma l’intelligenza della folla in un valore per il proprio business? Gli esempi non mancano. Dalle piattaforme storiche come e-Bay e Amazon, dove il comportamento degli altri utenti ci aiuta a migliorare le nostre scelte anche se non li conosciamo direttamente attraverso consigli e reputazione, fino a quelle più recenti di crowdfunding come Kickstarter e IndieGoGo, più generaliste e quelle verticali su musica e arte come Tilt e ArtistShare. Non mancano nemmeno idee radicalmente nuove come gli esperimenti lanciati da Jelly, la piattaforma immaginata dal cofondatore di Twitter Biz Stone che vuole creare un motore di ricerca basato sull’intelligenza collettiva. Oppure Anonymous AI, dove l’intelligenza della folla si integra con quella artificiale per creare un sistema di mediazione delle decisioni che si sta rivelando molto più efficace dei sondaggi nel prevedere i risultati delle votazioni di larghi gruppi di persone.

Non mancano però le sfide da superare. Prima tra tutte, la comprensione di quali siano gli elementi fondamentali dell’intelligenza collettiva e come si può aumentarla, sia spingendo sulla tecnologia, che sul design delle interazioni. È per questo che «Lezioni di Futuro» ha incontrato Tom Malone, direttore del centro per l’intelligenza collettiva del Mit di Boston, che ha individuato i tre fattori alla base dell’intelligenza di un gruppo. Il primo è la percettività sociale dei suoi membri, ovvero, quanto sono bravi nel leggere le emozioni degli individui con i quali interagiscono. Un altro parametro altrettanto cruciale è quanto i membri del gruppo riescono a partecipare in egual misura nella conversazione. «I gruppi nei quali uno o due persone dominano la conversazione – spiega Malone – sono, in media, meno intelligenti di quelli dove invece la partecipazione è più equamente distribuita». Infine, c’è il fattore rosa perché i gruppi con più donne si dimostrano più intelligenti. Non abbiamo trascurato, infine, le frontiere di questo settore sempre più magmatico. Sul fronte delle tecnologie le prossime applicazioni della realtà virtuale avranno un impatto crescente, ma la vera sfida è su come organizzeremo queste risorse. Se l’intelligenza di un sistema dipende dalla contribuzione volontaria degli utenti, c’è bisogno di approfondire i fattori motivanti che spingono le persone a partecipare, disegnando incentivi per chi contribuisce e preservare l’intelligenza collettiva difendendo l’indipendenza dell’individuo.Intelligenza colletttiva

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Accetto la Privacy Policy