Stavolta, pur trattandosi di una vicenda in cui la “veneticità” è autentica e totale, con “capitale”, imprese e leader (!?) politici coinvolti con cromosomi regionali doc, la Lega resta (in particolare con il presidente Zaia) meritoriamente fuori scena. Paradossalmente, però, è la ingannevole ideologia di cui negli ultimi lustri essa si è fatta paladina, ad emergere come il maintream dominante: “padroni a casa nostra”, “prima i veneti”, “basta euro”, sono gli slogan presi abilmente sul serio da quelli che nel libro del coraggioso e perspicace Roberto Mazzaro sono stati chiamati ed identificati come “I padroni del Veneto”. Quanto accaduto con il Consorzio Venezia Nuova rappresenta la manifestazione più eclatante, ma non la sola, di un degrado morale che ha pervaso una parte cospicua degli ambienti socio-professionali, politici ed economici veneti, che hanno continuato ad organizzarsi ed a prosperare nei contesti di economie ed ambienti amministrativo-istituzionali protetti dal mercato, restando ostili al processo di apertura alla concorrenza ed alla meritocrazia. Ora abbiamo, dopo la kermesse elettorale europea, un’altra opportunità di passare in rassegna i passaggi cruciali che il sistema economico ed amministrativo territoriale deve affrontare, per dotarci di una cultura politica in grado di governare i processi di modernizzazione ed innovazione che sono indispensabili per il Veneto. Ciò significa in particolare affrontare la sfida ineludibile delle strategie di sviluppo ed infrastrutturali con il coraggio delle scelte coniugate con la trasparenza dei processi decisionali, sottraendoli sia alle lobbies parassitarie che alle faziosità del localismo o di visioni regressive e conservatrici. Significa altresì che la competizione e la progettualità politica debbono trovare sul terreno programmatico e delle opzioni concrete alternative un misuratore efficiente, superando l’adolescenza identitaria (leggi indipendentismo) e le catarsi moralistiche (leggi grillismo) che hanno costituito il paravento ideale per gruppi di interesse in grado di ottimizzare gli “stati di necessità”, ovvero la realizzazione di “beni pubblici” (ed il Mose è uno di questi!) , con la torsione dei procedimenti a fini speculativi e fraudolenti. Infine mi auguro che il saccheggio di risorse pubbliche realizzato da protagonisti veneti con una destrezza da far invidia alle bande affaristiche romane del malaffare, inducano molti opinion leader e giornalisti locali – in particolare quelli intrisi della subcultura politico-amministrativa lagunare – a focalizzarsi sulla necessità del rinnovamento etico-sociale dell’intera classe dirigente regionale e sulla prospettiva europea come traguardo e bench mark dei programmi di sviluppo, piuttosto che continuare ad alimentare la retorica moralistica e protestataria.