C’è qualche idiota che ha il coraggio di affermare che (gli austriaci) fanno bene?

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Vienna simbolo dello scontro che spacca l’Europa

Vittorio Da Rold – 27 Aprile 2016   Il Sole 24 Ore

BrenneroIl “Fett und Zucker”, questo il nome di un caffé a Vienna famoso per i suoi biscotti, ieri ha esposto una lavagna di fronte all’ingresso dove il proprietario, Eva Trimmel, annuncia che se siete uno dei quel 36% che ha votato per il candidato dell’estrema destra, Norbert Hofer, siete invitati a non entrare e a tirare dritti. La notizia, riportata dal quotidiano Osterreich con evidenza, dà il segno della polarizzazione del Paese alpino, di come l’Austria sia spaccata a metà dopo il voto di domenica per il primo turno delle presidenziali e in vista del ballottaggio del 22 maggio.

Un voto clamoroso dove il socialdemocratico Rudolf Hundstorfer (Spo) e il popolare Andreas Khol (Ovp) sono stati eliminati con l’11,2% dei voti ciascuno. È la prima volta che i partiti tradizionali, che governano grazie a una coalizione, uscendo dalla corsa al primo turno. A determinare questo risultato che non si era mai visto dal 1945, tra rigurgiti populisti e paure xenofobe, sono stati due temi: l’immigrazione (in Austria sono transitati un milione di migranti nel 2015 e ci sono state 90mila domande d’asilo) e il difficile rapporto tra il Nord e il Sud dell’Europa. Vienna è in mezzo a questa crisi e rischia di rimanerne stritolata.

I sondaggi danno Hofer, il candidato erede di Joerg Haider, in vantaggio sul candidato ecologista con il fronte conservatore spaccato a metà: i liberali di “Neos” pronti a sostenere il candidato Verde Alexander van der Bellen in nome dei principi della democrazia liberale e dell’universalismo dei diritti e i popolari dell’Ovp che andranno a sostenere Hofer e la voglia di costruire nuovi muri nell’Europa di Schengen.

A Vienna, come è avvenuto in Grecia per trovare una soluzione alla crisi dei debiti sovrani, si sta combattendo una guerra per procura, tra due Europe che si stanno dilaniando per trovare una soluzione comune sulla crisi dei migranti. Un confronto che non parla più di aiuti in cambio di austerità, ma di muri e chiusure contro politiche di accoglienza e aiuti ai Paesi extra europei in difficoltà.

I due poli non sono omogenei al loro interno: sul fronte conservatore ci sono i “pontieri” come Angela Merkel e i “falchi” come il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, così come sul fronte riformista ci sono i moderati come il segretario dell’Spd, Sigmar Gabriel, e i radicali come Alexis Tispras e Pablo Iglesias.

I sondaggi austriaci confermano l’estrema polarizzazione della società austriaca alle prese, suo malgrado, con un tema così globale che non può che essere gestito in chiave europea per pensare di risolverlo. Ecco perché gli equilibri austriaci interessano tutti gli europei: perché rimettere i controlli al Brennero, dove passa un interscambio di 140 miliardi di euro tra Europa del Sud e Europa del Nord, non può essere una scelta autonoma di una nazione di transito.

Hofer nei suoi slogan dice: «Immigrazione zero», ma non ricorda il fallimento della Hypo Alpe Adria, la banca della Carinzia, la regione governata proprio da Joerg Haider, che è fallita e ha lasciato un buco di bilancio di 25 miliardi di euro con strascichi giudiziari ancora aperti tra i creditori e il fondo Heta che ne ha ereditato i debiti.

Wolfgang Schüssel, l’ex cancelliere austriaco che nel 2000 sdoganò Haider e il suo partito xenofobo, pensava che così l’avrebbe usurato coinvolgendolo nell’azione di governo. Una tattica che, vista a posteriori, non ha funzionato perché non ha riformato il Paese ma ha cercato solo di guadagnare tempo. Ora è giunto il tempo di affrontare i problemi a viso aperto senza cercare scorciatoie.

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