Come sconfiggere i populismi facendo i “populisti di governo”.

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LA RICETTA DI GIULIANO DA EMPOLI

Intervita di Mariana Rizzini – Il Foglio 16 dicembre

Roma. Come fiaccare il fantasma populista in Europa (nelle sue varianti “indignata”, “anti-immigrazione” e “anti-governanti”) è problema su questo e su quel confine del continente. Come addomesticare il bestione populista italiano, nella sua versione manettara, anticasta o anti-partitica, è stato “il” problema di ogni governo negli ultimi anni. Ora Matteo Renzi ha, a questo proposito, un cruccio ma anche un’opportunità

in più: il premier sembrava a un certo punto aver trovato “l’antidoto” al populismo attraverso un linguaggio e uno stile da “populista non antipolitico” ma “iperpolitico”, come dice il giornalista, scrittore e consigliere del renzismo Giuliano da Empoli. C’è stato insomma il Renzi “positivamente populista” della rottamazione, dei cronoprogrammi e delle riforme messe in primo piano; un Renzi ottimistico e motivatore che magari non scendeva nel dettaglio ma accarezzava per il suo verso la smania anti-elitaria del popolo del web e delle piazze non più così “NoB.”, ma comunque “no-partiti”. Poi però (vedi all’ultima Leopolda) ci sono giorni in cui improvvisamente spunta un Renzi travestito da populista “antipolitico”, tipo quello che fa la classifica dei giornali antipatizzanti. Ma per Da Empoli l’efficacia dell’“antidoto” anti-populismo distruttivo si giudica “sul lungo periodo”. Intanto, per mettere in cassaforte “l’energia” iconoclasta (rispetto a vecchi

stili e vecchie idee) su cui il renzismo ha basato la sua ascesa al potere, il giornalista- ideologo ha nnunciato, proprio alla Leopolda, la nascita di un think tank il cui nome richiama all’energia: “Volta”, come

Alessandro, lo scienziato “simbolo del genio italico”, dice Da Empoli, convinto che il nostro modello di crescita e sviluppo non sia quello della “start-up che nasce nel garage” ma quello di un processo di “reinvenzione creativa e trasgressiva che affonda nelle nostre radici culturali: un modello che può e deve essere proiettato sul palcoscenico europeo” (“Volta” avrà una sede a Milano e una a Bruxelles, e avrà come relatori, tra gli altri, il nome storico del blairismo David Miliband, il comunicatore cult dell’obamismo Alec Ross e il banchiere non convenzionale nonché editore di Le Monde Matthieu Pigasse). L’obiettivo è anche

andare al fondo del problema “populismo antipolitico”: “Si dice sempre che per sconfiggere il populismo ci vuole cultura”, dice Da Empoli, “ma l’idea culturale e politica di Winston Churchill – riunire i federalisti europei – non ha avuto molto successo, nel 1948. Né il Movimento federalista europeo è stato popolare nei decenni successivi. I populisti se la prendono con i tecnocrati, ma bisognerebbe invece dire che i tecnocrati sono stati geniali, a costruire da zero, partendo da interessi di base in comune – materie prime, commerci

– l’unione che mancava a livello politico” . L’approccio all’Ue va “reinventato” se si vuole andare alla base del malessere che poi facilita il dilagare del populismo, è l’idea alla base di “Volta”. E l’Italia può “valorizzare l’esperienza” fatta in questo senso durante i quasi due anni di governo Renzi, dice Da Empoli: “Gli stranieri guardano con ammirazione all’Italia dell’arte e del cibo, ma quando si passa alla politica

è come se si stesse parlando di insetti fritti thailandesi: nessuno ci capisce niente, tutti alzano le spalle. Invece la politica italiana è un laboratorio interessante: abbiamo intercettato negli ultimi anni tutte

le tensioni profonde che tormentano la società europea, le abbiamo viste esplodere a casa nostra in modo evidente. I populismi noi li abbiamo per così dire avuti tutti, e forse anche per questi motivi abbiamo

sviluppato più di altri gli anticorpi”. Clava e farfalla Ma se la forza del “populista di governo” Renzi è stato il lessico e il modo di veicolare il messaggio, non è che oggi alla macchina renziana serve il “tagliando”? Da

Empoli dice che quello che ha funzionato e può ancora funzionare è il modello “della clava e della farfalla”, in cui la clava è “la componente anti-establishment del renzismo, quella che dà una risposta al sentimento anticasta, l’onda più forte dietro ai populismi europei”. Populismi che vanno analizzati uno per uno: “Dove c’era una storia di governi di destra o di recente dittatura, come in Spagna o in Grecia, il populismo vira a sinistra; dove invece c’è una tradizione di governi statalisti e di sinistra, come in Francia, il populismo assume sfumature destrorse. Ma ovunque si cerca la persona ‘che mandi a casa tutti’ ”. Ma come gestire la clava quando si è al governo? “Può essere difficile nel giorno per giorno, ma l’intercettazione e la trasformazione costruttiva degli impulsi populisti in proposte mi pare l’unico metodo possibile”, dice Da Empoli. La “farfalla”, invece, è ciò che differenzia i populisti “iperpolitici” dai populisti che puntano su paura e ripiegamento: “Ci dev’essere una visione motivante del futuro. Non si può combattere il populismo con il ditino alzato, come si è visto spesso fare in Francia, con l’aria di dire: ‘Adesso vi spieghiamo che cosa

succede a votare quelli là’. Contro la paura e il ripiegamento è più utile dare l’idea del controllo o della riappropriazione del proprio destino, anche a livello di comunità politica: è ciò che l’essere umano

sempre cerca, e infatti la lotta antiestablishment diventa tanto più virulenta quanto più l’opinione pubblica ha la sensazione della perdita del controllo, un sentimento generalizzato in Europa”. L’antidoto al populismo, per Da Empoli, funziona se si tiene conto di questo sentimento. Poi c’è l’onda giustizialista che periodicamente e preventivamente sommerge i governanti, appendendoli a scandali spesso presunti. Ma

per quella, forse, l’antidoto non è stato ancora scoperto.Da Empoli

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