Alcune riflessioni dopo il risultato elettorale
Anche in Veneto, si conferma la forza del messaggio politico semplificatorio e fortemente ideologizzato, con il ricorso a suggestioni vetero-nazionaliste e mirabolanti promesse fiscali (vedi flat tax) ed assistenziali (vedi reddito di cittadinanza), peraltro ben difficilmente realizzabili.
Nella legislatura 2013/2018 si è operato per riportare il Paese verso la stabilità dei conti, per i primi seppur parziali provvedimenti di equità sociale e per l’innovazione dei processi economico-produttivi necessari ad affrontare il mare aperto della competizione internazionale e senza dazi. La nostra Regione se ne è giovata particolarmente e vi ha trovato una nuova spinta per la crescita e l’export. Quella stagione di api laboriose, viene ora messa a repentaglio dalle locuste e cicale che si sono candidate a governare con programmi che, se attuati, scardinerebbero gli equilibri finanziari-monetari ed i vincoli di coesione sociale a livello nazionale e di integrazione a quello europeo.
Tale deriva demagogica viene non solo dalle paure e dal risentimento che attraversano il corpo sociale della popolazione più esposta alle insidie della crisi, ma anche dalle pulsioni ribelliste di parte del ceto borghese arricchito e delle corporazioni interessate a farsi proteggere e tutelare dai rischi della globalizzazione da un partito come la Lega, che ha abbandonato la vocazione federalista per la scelta sovranista ed antieuropeista, soffiando sull’esasperazione delle preoccupazioni di chi si sente minacciato nelle sue proprietà e rendite di posizione.
Ma il fatto più eclatante che emerge dalle urne di questo 2018, a settant’anni dalla scelta occidentale del fronte democratico, è il crollo del rapporto fiduciario verso la classe dirigente “storica” che, al di là delle fluttuazioni tra Prima e Seconda Repubblica e delle articolazioni tra maggioranze ed opposizioni, è stata sempre espressione istituzionale del percorso imboccato nel ’48. Oggi una vasta platea di cittadini esasperati dall’inefficienza e dalle scarse prestazioni ed attenzioni delle istituzioni nei confronti delle loro domande di partecipazione, ascolto, trasparenza e – soprattutto – sicurezza, ha preferito forze antisistema per un radicale cambiamento.
Non è quindi sorprendente che una parte cospicua delle attese popolari, in particolare nel Mezzogiorno laddove le contraddizioni sono più acute, si sia riversata su un movimento propostosi come alternativa messianica e vendicatrice dei torti subiti, punendo la rappresentanza politica governativa a cui è stata attribuita la responsabilità di non aver dato risposte più convincenti alla voragine delle ingiustizie sociali apertasi nell’ultimo decennio.
Gli effetti del nuovo quadro politico ed il Veneto
Il nuovo quadro politico uscito dalle urne e – per quanto riguarda il Veneto – anche dalla votazione per l’Autonomia, ci consegna un’Italia ed una Regione con un ceto politico interessato a programmi più rivolti ad esorcizzare le difficoltà ed a catturare il consenso nel frammentato mercato delle domande e delle proteste, piuttosto che a soluzioni che facciano sintesi della complessità territoriale, settoriale, sociale di un Paese pieno di fratture e divaricazioni (la più eclatante è quella tra Nord e Sud), disorientato e senza quella bussola che una classe dirigente all’altezza delle sfide deve offrire.
Così la ventata demagogica rischia di portare alla rottura dei legami comunitari, sabotando nei territori i progetti di coesione sociale perseguiti attraverso il rispetto delle regole, per esempio sulla questione immigrazione, laddove si sono avviati sostenibili processi di integrazione.
Non è accettabile che la legittima aspirazione all’identità culturale e la giusta pretesa della partecipazione comunitaria vengano private della loro valenza solidale e trasformate in strumenti di aggressività politica ed in pratiche di chiusura.
Allo schieramento forza-leghista arriva anche il consenso delle lobbies corporative e speculative operanti sul territorio ed in particolare sull’ambiente. I casi MOSE, PFAS, BANCHE POPOLARI, PEDEMONTANA, ECOMAFIE sembrano non aver prodotto ancora una completa elaborazione delle loro cause e relative responsabilità, piuttosto dando luogo ad una sorta di ulteriore deformazione del venetismo.
Le solite lobbies sono dedite al sistematico sabotaggio dell’efficienza amministrativa pubblica, impedendo innanzitutto l’istituzione di efficaci sistemi di controllo, con la conseguenza di favorire la corruzione, il degrado del territorio e la cancellazione di qualunque possibilità di attivare una moderna sinergia tra pubblico e privato, tra sviluppo e territorio.
Nessuna forte reazione positiva della classe dirigente è stata avvertita, né alcuna azione è stata fatta a livello regionale per innovare e rafforzare il corretto funzionamento del sistema né tantomeno i meccanismi di verifica.
D’altro canto, la campagna elettorale nazionale, così come la recente vicenda referendaria regionale, ci dicono in modo incontrovertibile che i valori e i contenuti programmatici del centrodestra sono stati piegati ad un uso banalizzante, scivolando pure nella volgarizzazione del linguaggio e nella propaganda.
Il manifesto di GeCCo
È a partire da questa sofferta diagnosi dello stato delle cose che alcuni cittadini impegnati in ambito professionale, culturale e scientifico ed animati da passione civile hanno pensato di contribuire ad una maggiore consapevolezza, ad un progetto di cittadinanza responsabile, promuovendo una piattaforma per la generazione, discussione, condivisione e diffusione di idee e proposte per l’agenda pubblica.
Siamo convinti che c’è bisogno di conoscenza e di competenze adeguate per affrontare problematiche sempre più complesse. Occorre tentare di cambiare in meglio la società in cui viviamo, a partire dal territorio e dalle micro comunità, perseguendo la loro coesione attraverso modelli codificati di partecipazione e cittadinanza anche digitale, nell’auspicio che ciò possa servire per sviluppare uguaglianze ed opportunità nelle comunità locali e nel Paese.
Serve uno sforzo collettivo che ponga al centro l’esame della complessità della realtà e un sistematico dialogo fecondo per mettere a frutto l’intelligenza sociale come strumento di evoluzione della democrazia, senza cristallizzazioni e regressioni: saperi e competenze al servizio di un progetto di rigenerazione democratica, per la ricerca delle necessarie innovazioni istituzionali ed in particolare di autonomia responsabile.
Questa idea o, meglio, questi ideali non possono che connettersi ad una forte ripresa dei valori civili, sociali ed economici – aggiornati alle contraddizioni del tempo presente – così come sono stati declinati e testimoniati dalle più importanti esperienze riconducibili all’area del riformismo cattolico, liberaldemocratico e della sinistra storica, riprendendo lo spirito più dinamico del nostro patriottismo costituzionale, ridando animo all’onda lunga del Risorgimento – o Sorgimento – nazionale.
Nell’era della rete universale, della digitalizzazione progressiva, della globalizzazione dei fattori produttivi, delle trasmigrazioni di massa, lo sforzo deve essere quello di interpretare ciò che pulsa in Veneto, offrendo una proposta di programmazione elaborata da persone che, provenendo da differenti esperienze, vogliono rendersi utili alla propria Comunità.
La domanda alla quale rispondere è: in questa fase storica di disorientamento e di forte cambiamento, come possiamo contribuire a far crescere un pensiero ed un agire collettivo ben piantato in scienza, conoscenza e consapevolezza?
La risposta è nella Politica: con essa dobbiamo ragionare sul futuro e vincere gli scetticismi che ci schiacciano sugli errori del passato o sulle difficoltà del presente.
La Politica quale disciplina che orienta le scelte necessarie per la crescita sociale e civile del cittadino e delle nostre comunità.