MERKEL E NOI

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Merkel

MERKEL  E  NOI

Le recenti elezioni tedesche avrebbero dovuto suggerire qualcosa ai  nostri rappresentanti politici, per affrontare con maggiore equilibrio e realismo le turbolenze di un’alleanza di governo sofferta….

La vittoria elettorale di Angela Merkel,  infatti,  se si evitano i giudizi e pregiudizi suggeriti  dalla pura difesa degli interessi italiani penalizzati nell’ambito europeo dall’ostinazione della Kaiserin contro politiche finanziarie espansive dell’UE,  costituisce una lezione che i Partiti italiani dovrebbero tener in buon conto, anche e soprattutto nella temperie della crisi  incorso.

Ne riassumo  quelli che mi sembrano essenziali:

1. L’ottimo bottino  di voti è stato raggiunto potendo contare su una organizzazione partitica, fondata  sulla  solida Unione di CDU-CSU,  che consente di  ottimizzare la raccolta del consenso,  sia con un forte radicamento territoriale, in particolare con il partito bavarese, che con una strategia  catch-all in grado di inglobare ampi strati sociali non propriamente legati alla tradizionale identità cattolico-conservatrice  bensì di orientamento laico- liberale ed ambientalista.

2.  Pur  priva di una carica carismatica e  di  un linguaggio seducente,  la candidata democratico-cristiana  ha saputo  essere convincente mantenendo la barra dritta  di una strategia ancorata  all’euro  ed al rigore dei conti, ovvero alla difesa di una moneta, di cui la Germania si è dimostrata il Paese più pronto a  beneficiare, diventata attore competitivo per un’economia che ha adottato le misure adeguate per uno spettacolare aumento della produttività attraverso intensi processi di innovazione tecnologia, flessibilizzazone del mercato del lavoro, politiche di sostegno alla tutela degli interessi tedeschi su scala globale (si pensi solo al rapporto privilegiato con la Cina…).

3.  Angela Merkel, inoltre, prima, durante ed a conclusione della campagna elettorale, ha saputo coniugare  il mantenimento di un profilo basso con una determinazione fortissima nel  prospettare una visione degli interessi nazionali come sovrastanti  qualsiasi calcolo politico-partitico opportunistico; è questa posizione che ha determinato in Germania la diffusa  consapevolezza  del valore della grosse koalition , da intendere quindi non come ripiego frustrante bensì come una scelta strategica con cui le forze politiche evitano di coltivare l’illusione dell’autosufficienza nell’affrontare una  trasformazione epocale dell’assetto economico-finanziario in un contesto di   competitività  internazionale che rende necessario  il  coordinamento e la convergenza di tutti  gli sforzi  in una sintesi unitaria e dinamica.

Naturalmente questo schema interpretativo va integrato con le considerazioni sui limiti e le  contraddizioni presenti  sia nella politica interna (vedi le sofferenze sociali per i bassi salari, i ritardi nella politica energetica dopo l’annunciata rinuncia al nucleare, le storture del sistema creditizio….) che, ancor più gravi, sulle scelte riguardanti l’integrazione europea (valutata con un prevalente approccio egoistico-nazionale e di corto respiro),  ma in questa occasione mi preme sottolineare le caratteristiche di un modello di azione e rappresentanza politica di successo che suggerisca un cambio di rotta ad un  ceto politico italiano incapace di sottrarsi  ai fantasmi della retorica, della personalizzazione esasperata, della contrapposizione strumentale, insomma prigioniero all’interno di recinti e paradigmi culturali privi di capacità interpretativa di una realtà sociale ed economica in profonda trasformazione

Ma i messaggi  che la cronaca politica di queste ultime settimane ci invia descrivono un Paese che oltre ai nodi strutturali dell’arretratezza economico-produttiva deve affrontare un gap politico-culturale che ne inficia la qualità della democrazia e dell’efficienza istituzionale.

Lasciando in disparte le risibili grida isteriche di fronte all’aggressione predatoria che i nostri asset e numerosi importanti marchi stanno subendo da parte dei competitor europei, mi interessa in questa occasione segnalare alcune dinamiche che coinvolgono la nostra politics e prefigurano i rischi di un degrado della vita politica che diventa essenziale contrastare sia con buoni argomenti che con buone pratiche di testimonianza civica.

  1. L’esempio più rilevante è dato dal Pdl  i cui vertici, sulla spinta decisiva di Berlusconi, hanno deciso il ritorno a Forza Italia: non ne discuto le ragioni e la legittimità, bensì osservo che con tale   scelta  si opera uno strappo  dalla famiglia del Partito Popolare Europeo, che costituiva un ancoraggio culturalmente determinante, e si ritorna nell’alveo politicamente regressivo del partito personale, ovvero di una concezione politica che  attraverso l’affermazione  di una  leadership carismatica autocratica  e di una gestione patrimoniale-proprietaria,  propone di fatto un neopopulismo che ben lungi dal rappresentare una terapia efficace per la malattia del sistema politico italiano, ne può provocare l’aggravamento.
  2. Non sono meno preoccupanti gli  sbandamenti  che hanno finora accompagnato     la vita interna del Partito Democratico, a partire dal dopo-elezioni, proseguendo per la contradditoria partecipazione al Governo delle “larghe intese”,  per arrivare alle convulsioni del dibattito precongressuale, nel quale l’ultima “stella” apparsa nel firmamento dei candidati alla Segreteria (leggi il Sindaco di Firenze), oltre ad aver dato il proprio originale contributo al logoramento dell’amico Presidente del Consiglio (sollecitandone una maggiore dinamicità, realisticamente impraticabile sic rebus stantibus), poggia la propria proposta strategica nel rifiuto delle larghe intese e nella rivendicazione di un’autosufficienza che a ben vedere, è utile a solleticare l’orgoglio dell’appartenenza e a dare una verniciatina all’identità partitica, ma povera di indicazioni programmatiche per un Paese segnato (per usare le parole di Michele Salvati, Il Corriere della Sera, 29 settembre 2013) “da fattori di arretratezza profondamente radicati sia nel settore pubblico che in quello privato che non è facile estirpare”…
  3. Sugli altri  versanti della rappresentanza politica, non possiamo che attendersi l’accentuarsi di divaricazioni estremistiche rispetto all’evoluzione del quadro politico:  collegate, per quanto riguarda il M5S, all’anoressia democratica di una formazione letteralmente prigioniera del “capo” oscillante tra roboanti affermazioni velleitarie e digressioni tattiche repellenti (si pensi solo al caso della riforma elettorale ritenuta non indispensabile se il Porcellum consente di  raggiungere il quorum di maggioranza!); mentre per la Lega sono conseguenti alla volontà di affrancarsi dal discredito  che ne ha, con le note vicende di corruzione e conflitti interni,  ridimensionato la funzione di forza di cambiamento.
  4. Resta poi il punto interrogativo sulle (eccessive) attese attribuite al movimento del Presidente Monti – Scelta Civica – che si trova nella fortunata congiuntura di poter interpretare un ruolo cruciale,  da un lato di forza parlamentare responsabile e punto di equilibrio della governabilità praticabile nell’attuale congiuntura, dall’altro di centro di aggregazione di un’amplissima area sociale (che potremmo genericamente definire liberaldemocratica) alla ricerca di rappresentanza. Ma tali potenzialità richiedono il rinnovamento della leadership e un aggiornamento progettuale ed organizzativo di cui si fatica attualmente a vedere la attualità.

Si tratta di uno scenario pessimistico ed irrimediabilmente regressivo?

Non credo proprio; così come ho sostenuto da subito il carattere positivo e senza alternative del governo di coalizione (“Nessuno tocchi Letta & Alfano”),  come soluzione realistica all’impasse post-elettorale, ora  ritengo che, proprio a fronte della drammatizzazione della crisi provocata dalla querelle sulla vicenda giudiziaria di Berlusconi, si siano create le condizioni per fare uscire allo scoperto tutte le forze e i protagonisti che ritengono che questo sia diventato  il tempo di un’operazione verità e trasparenza  sui problemi del Paese e di accentuare in modo ancora più esplicito e cogente le ragioni di uno sforzo di convergenza operativa sulle priorità dell’Agenda Italia ….

Una prospettiva di cui definire e precisare maggiormente  contenuti, confini e tempi (sui quali tornerò nei prossimi giorni).

Intanto è utile meditare la lezione di “mutti” Merkel…

 

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