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L’incombente (ed angosciante) crisi finanziaria che è diventata il centro dell’agenda politica ed economica non solo del nostro Paese, ma dell’intero campo occidentale, rischia di diventare una cortina fumogena che rende meno decifrabili le cause che l’hanno provocata e, soprattutto, i percorsi del suo superamento.

Il nervosismo dei mercati e gli attacchi speculativi che affossano le Borse stanno disegnando un orizzonte cupo ed ingenerando un diffuso pessimismo tra gli imprenditori ed i consumatori; particolarmente in Italia tale situazione, aggravata dalle patologie di un sistema politico pre-agonico, oscura la realtà socio-economica complessiva i cui “fondamentali” non ne prefigurano affatto il collasso bensì vitalità e potenzialità inespresse che necessitano piuttosto di essere ben focalizzate e fatte emergere per tradurle in nuove opportunità di sviluppo.

Da un lato, c’è l’ampia tastiera delle misure che debbono essere prese per il risanamento finanziario: si tratta, come sottolineato da più parti (e finanche dal Presidente della Repubblica) di individuare le note per la composizione di uno spartito centrato sullo smagrimento strutturale e permanente dello Stato (in tutti i suoi livelli ed articolazioni); dall’altro e contestualmente la praticabilità di un processo di liberalizzazione attraverso un pacchetto di regole e misure finalizzate all’incremento dell’efficienza e della produttività di tutti i settori (dalle filiere produttive all’intero sistema dei servizi, pubblici e privati).

E’ necessario sottolineare, però, che il successo di tali scelte strategiche prevede la richiesta a tutti i protagonisti della vita sociale, politica ed economica italiana di un cambio radicale dei paradigmi culturali finora adottati per l’interpretazione della crisi e, soprattutto, dei comportamenti attualmente orientati alla pura difesa autoreferenziale dello statu quo.

E’ richiesto di varcare la soglia dell’innovazione sociale, passaggio decisivo e fattore determinante per un sussulto in tutto il sistema-paese che consenta di attingervi le energie profonde e far lievitare l’inestimabile patrimonio di valori e cultura, dinamicità imprenditoriale e creatività, pratiche di responsabilità ed esperienze di solidarietà che ne contraddistingue la struttura profonda: leve e risorse fondamentali per riprendere la via della crescita.

Essa (l’innovazione sociale), rappresenta però una “discontinuità” nella vicenda storica del Paese che mette in discussione vecchie certezze, convinzioni consolidate, interessi corporativi e non solo; persiste molta confusione anche sotto il cielo delle buone intenzioni e delle iniziative che si richiamano all’esigenza del cambiamento e di introdurre forti dosi di “innovazione”: superficialità, incongruenze, furbizie e contraddizioni la fanno da padrone.

Si invoca da più parti il risanamento dei conti pubblici e si suggeriscono varie ricette fiscali, ma si sottovalutano i meccanismi e le condizioni per rendere più efficiente in termini duraturi ed efficaci la (residua) spesa pubblica; si pensi solo al permanente disastro finanziario provocato dall’innovazione “federalista” nella gestione regionale della spesa sanitaria.

Ci si richiama alla necessità di recuperare il (perduto) senso del bene comune ed il recente referendum sulla difesa della gestione pubblica dell’acqua è stato vissuto come una manifestazione di difesa dei “commons”, ma il suo risultato (sicuramente positivo per gli organizzatori) ha di fatto determinato il blocco di ingenti investimenti privati (60 miliardi) per l’ammodernamento delle infrastrutture per la gestione dei servizi idrici e tali risorse difficilmente saranno recuperate da altre “fonti”.

Si fa sempre più incandescente la querelle politico-partitica per la fuoriuscita dalla crisi e si indica in una nuova legge elettorale la via maestra per dare governabilità al Paese, dimenticando che il vero deficit democratico oggi è costituito dallo scarso coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali.

E che dire dell’inveterata denuncia dell’insufficiente quota di risorse dedicate a R & S per alimentare i processi di innovazione? Ma quasi mai si focalizza la questione fondamentale, ovvero la necessità di migliorare dapprima il sistema pubblico di monitoraggio, condivisione e diffusione delle conoscenze relative agli investimenti in corso per aree-settori e qualità-produttività dei risultati (magari utilizzando il modello tedesco in questo ambito, vero traino delle performance economiche più recenti).

Ed ancora: si individua nella green economy un’alternativa allo sviluppo tradizionale fondato sull’utilizzo intensivo degli idrocarburi, ma non si elaborano i bilanci energetici consolidati, delle nuove iniziative, che diano conto dei risparmi effettivi e del loro impatto socio-ambientale a lungo termine.

Sul piano più strettamente politico-istituzionale e di riforma del welfare, nell’ultimo decennio si sono moltiplicati i provvedimenti per la ristrutturazione dell’architettura organizzativa e della struttura della spesa, sia a livello centrale che periferico: sicuramente nella direzione giusta, ma che non hanno risolto gli enormi problemi di ingegneria gestionale ed equità sociale rimasti sul tappeto e vero banco di prova per raggiungere sia i risparmi monetari effettivi ipotizzati che gli incrementi di efficienza globale del sistema pubblico richiesti.

A fronte di tale situazione di paradossale asimmetria tra proposte ed attese, l’innovazione sociale sicuramente deve costituire molto di più di uno stratagemma retorico od (ancor peggio) propagandistico: uno slogan usato come placebo per affrontare le difficoltà e rianimare il corpo malato dello sviluppo capitalistico.
La sua adozione, come nuovo orizzonte strategico, implica infatti il coinvolgimento e la co-responsabilizzazione di tutti i protagonisti della vita associativa, politica, economica, culturale e scientifica, per innescare un processo di empowerment sociale e di arricchimento professionale, progettuale, realizzativo che dovranno essere commisurati al cambio degli atteggiamenti e dei comportamenti di milioni di persone sollecitate ad un cambiamento profondo nell’esercizio delle proprie competenze e funzioni.

Per queste ragioni i temi ed i dilemmi dell’innovazione sociale, concetto oltremodo complesso entrato nell’agenda di un intenso dibattito culturale in Europa, saranno esaminati e discussi nell’ambito dell’hub dell’innovazione sociale (www.aequinethub.net) un ambiente comunicativo pensato come spazio aperto, per la condivisione delle informazioni e delle conoscenze che possono produrre la crescita del benessere attraverso uno sviluppo equo e sostenibile.

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