La storia del nostro Paese non “facit saltus” e la persistenza del “regno” berlusconiano ne è una conferma; già il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica incontrò una resistenza cospicua e dimostrò che una parte rilevantissima del popolo italiano confidava nella permanenza dell’assetto monarchico ed accettò con sofferenza lo strappo istituzionale. Quell’elettorato ha rappresentato poi l’ampia base moderata su cui hanno potuto contare i Governi centristi imperniati sulla DC. Su di esso ha anche fatto presa ed ha costituito la leva del progetto berlusconiano, “imprigionandone” la spinta liberale che costituiva una scelta strategica giusta e tempestiva, ma che – ad un sommario bilancio ventennale – si è dimostrata velleitaria in quanto non supportata e sostenuta da un adeguato impianto valoriale-culturale realmente condiviso da una nuova classe dirigente motivata e preparata ad incidere in profondità sulla struttura amministrativo-istituzionale ed economico-finanziaria arcaica del Paese.
Non è ingeneroso constatare – proprio oggi in cui l’anziano e provato “monarca” ripropone la sfida del ’94 – che le vischiosità e le arretratezze del Paese sono stati affrontate dalla leadership berlusconiana con un linguaggio populista ed approcci programmatici improvvisati che non hanno consentito di praticare e realizzare il cambiamento annunciato con la rivoluzione liberale.
Una rivoluzione, beninteso, che è doveroso riproporre nell’agenda politica italiana (partendo dall’economia fino alla giustizia, transitando per la riforma istituzionale ed elettorale: ma è curioso e perfino paradossale verificare che – per quanto riguarda la neonata Forza Italia – per dare credibilità ed efficacia al proprio programma, dovrebbe sottrarsi alla gestione autocratico-personalistica ed evitare di darsi una struttura organizzativa (“Esercito di Silvio”, i “Club di Forza Silvio”) che potrà magari confortare i fedeli ed il proprio capo, ma non contribuire a quel rinnovamento della vita politica di il Paese manifesta una domanda del tutto insoddisfatta.