L’ultima sparata – sull’onestà – dell’esagitato Landini, non suona solo come una gratuita offesa nei confronti degli elettori e cittadini (non pochi per la verità) che ripongono nel Presidente del Consiglio la comprensibile speranza che prosegua in una (più) efficace azione di governo e rinnovamento politico-istituzionale, bensì come la conferma di un inarrestabile declino nella qualità della rappresentanza sindacale. Non mi soffermo sull’ evidente superficialità di analisi e idee, mascherata dal volume dei decibel o sulla strumentalità di mobilitazioni che hanno una prevalente connotazione politico-partitica. Mi sconcerta è l’uso dello sciopero non finalizzato al sostegno di rivendicazioni e proposte programmatiche ragionevoli e praticabili: ciò è conseguenza della diseducazione del leader della FIOM, che appare impreparato a maneggiare correttamente principi e metodo della contrattazione. Egli risulta piuttosto (spero di sbagliarmi) ingolosito dalla visibilità ottenuta con le affermazioni gridate e più avvezzo alla chiacchiera inconcludente dei talk show, piuttosto che orientato – come sarebbe richiesto ad un dirigente di scuola cgiellina – alla riflessività ed all’approfondimento, alla determinazione certo, ma accompagnata dal confronto e dalla disponibilità alla mediazione con i partner sindacali, innanzitutto, e con gli interlocutori negoziali. Sprecare scioperi e bruciare le retribuzioni dei lavoratori per rivendicazioni non meditate è un segnale di impreparazione ed avventurismo che danneggiano innanzitutto la credibilità di un movimento sindacale confederale che – in un contesto di crisi sociale ed economica – è chiamato ad essere agente di cambiamento e non agitatore populista, a discernere tra la difesa dei più deboli (leggi giovani, poveri e disoccupati) e non confondersi con la propaganda di demagoghi e disfattisti (leggi Grillo e Salvini) impegnati ad inseguire un consenso elettorale a tutti i costi.
Diseducazione sindacale
Tempo di lettura: < 1 minuto