Il Progetto Geecco per un ecosistema della comunicazione che contribuisca alla mobilitazione cognitiva.
di Stefano Lazzari
Iniziare partendo dall libro di Marshall McLuhan è d’obbligo per il nostro progetto.
Galassia Gutemberg, e soprattuto il suo sottotitolo, l’Uomo Tipografico, ci da il punto di vista con il quale partire, la pietra miliare su cui costruire il nostro progetto di comunicazione.
Al centro c’è l’Uomo, mutato e supportato dalle tecnologie, ma al centro di tutti i processi decisionali del valore. In altre parole, al centro delle decisioni redazionali c’è uno staff, delle competenze e delle responsabilità che non vogliamo demandare ad un algoritmo.
Noi crediamo che ci sia in atto una evidente deriva dell’istanza dei fondatori del web, peraltro già prevista e annunciata da tempo. Se l’uomo tipografico ha avuto una evoluzione, è stato proprio nel web che ha trovato per un certo tempo il suo laboratorio, la sua stamperia. Cosa che non è più attuale oggi.
L’ipertestualità, la biblioteca universale e l’associazione libera, arbitraria, autoriale dei sei gradi di separazione che presupponeva la visione della relazione critica fra contenuti, è venuta sempre meno spinta a margine da un web performativo, spesso autoreferenziale, che privilegia altre forme di comunicazione più immediate (più facilmente controllabili) spesso relegate all’interno di piattaforme che chiaramente scoraggiano la condivisione fra contenuti e piattaforme.
Le tecnologie del web si dimostrano bifronti sull’argomento, ma questo ce lo aspettiamo: l’ambiguità è uno delle esternalità del sistema, come il rumore è legato indissolubilmente all’ informazione. Dunque se da una parte i social media hanno generato l’attenzione alla condivisione, d’altra parte l’hanno anche ingabbiata in una colossale sfera di rimbalzi e di ridondanze che ne ha aumentato a dismisura il rumore.
La complessità del sistema digitale spinge a riconoscere l’informazione come un effetto marginale, una increspatura nel dominante rumore bianco derivato dalla ridondanza comunicativa. Questo è lo stato che vogliamo arginare e controbattere con il nostro progetto, riportando al centro la responsabilità autoriale con una curatela dei contenuti che abbia come obbiettivo l’abbattimento dell’incertezza, l’emersione dei contenuti di valore secondo criteri dichiarati, espressione dei principi fondanti del web sulla convergenza fra letteratura e tecnologia.
Content is king.
Content curation VS Social influence
…”Io ero sul fronte opposto di questa rivolta: la mia contro-argomentazione era che il lavoro di molti dilettanti senza alcuna revisione, semplicemente, non era così interessante e neppure affidabile.
Quando un milione di persone avessero scritto un milione di volte a settimana, a questa inondazione di testi disponibili sarebbe decisamente servita una guida intelligente.
La necessità di una selezione top-down avrebbe semplicemente aumentato il proprio valore al crescere della quantità di contenuto prodotto dagli utenti.
Nel tempo, le aziende che offrivano questo tipo di contenuto avrebbero dovuto iniziare a sovrappor
re un po’ di revisioni, di selezione e di gestione al loro oceano di materiale, per mantenerne qualità e attrattiva. Doveva esserci qualcos’altro oltre alla pura anarchia del bottom.”
L’inevitabile. Le tendenze tecnologiche che rivoluzioneranno il nostro futuro
di Kevin Kelly e A. Locca | 12 ott. 2017
Si diceva, il web performante mette in discussione il primato del contenuto. Che la creazione dal basso sia stata la grande spinta evolutiva del web e la sua più grande invenzione è innegabile. Ma è altrettanto vero che inevitabilmente, coll’aumentare della massa degli autori e dei contenuti pubblicati, il Bias cognitivo ha aumentato a dismisura la sua influenza, ed oggi ci troviamo a fare i conti con un sistema di influenza sociale mediata dalle piattaforme sociali che premia modelli di comunicazione arroganti e falsificatori.
Ma la leva su cui vogliamo agire non vuole contrapposizioni semplici fra quantità e qualità, tra cultura e superficialità. Quello che vogliamo attuare è una sintesi, una integrazione fra la Galassia Gutemberg e la pervasività dei social media riportando al centro il contenuto.
Per questo ci poniamo come intermediari, orientatori, integratori di sistema dell’autorialità diffusa, adottando la Content Curation come modello editoriale, e il syndication come modello di social influencing.
Content Curation
La Content Curation non è (solo) una tecnologia.
“Content is king”, si diceva. Se questo è vero, allora la Content Curation ne è il primo ministro, la mente e contemporaneamente il cuore pulsante del governo che attua e rende possibile la creazione di scopi, destinazioni, valori e senso delle informazioni che chiamiamo “contenuti”.
Quello che la Content Curation sta facendo di salutare è spostare il valore dell’innovazione dalla tecnologia al know-how, alla conoscenza e dunque alla creazione di valori e di senso.
Creare valori e senso sono azioni umane, terribilmente umane e direi, meno male.
Perché credo che se vogliamo dare alla Content Curation la posizione che merita e avvalorare la sua diversità e attualità rispetto alle tantissime tecnologie nate attorno alla gestione e condivisione dei contenuti ormai universalmente conosciute come 2.0, dobbiamo dar conto che la Content Curation non è una tecnologia, ma il ritorno dell’umano nei processi di relazione e valorizzazione delle informazioni, che i tanti sistemi di aggregazione già presenti non hanno.
La Content Curation crea valore contro l’incertezza.
“Qual’è il valore di questa notizia? ma questa è vera?” L’incertezza domina la rete, e se il contenuto è re, questo può essere spesso nudo. Certo, l’accettazione dell’ambiguità è condizione necessaria per poter proporre una qualunque forma di verità condivisa, ma è anche ormai riconosciuto come la reputazione, il “trust”, sia il controvalore all’ambiguità: più sei certificato dal network per la tua autorevolezza, più la tua voce è forte e chiara. Oggi più che mail il valore, anche e soprattutto economico, non è nella notizia, ma nella sua certificazione.
La “curatela” non è una valutazione passeggera, un “like”, ma è un processo di trasformazione, di metabolizzazione delle informazioni attraverso un processo di relazione fra le tante informazioni presenti in rete (dati da fonti certe, Stackeholders, “vox populi”) attraverso il filtro di un know-how tornato finalmente a far sentire la sua voce.
Si sentiva una generale stanchezza del modello proposto dalla folksonomy, la collettivizzazione delle categorie e delle tassonomie, e si torna a sentire la necessità di una voce che si distingua e che racconti una storia.
La Content Curation crea percorsi di senso.
I social media sono tecnologie ad altissima velocità di propagazione ma a bassissima intensità: la notizia dura un battito di ciglia, o meglio sino al Twitter successivo. Il nozionismo impera, e d’altronde è comprensibile vedere nella relativizzazione delle fonti e nella brevità (o diciamolo: nanismo) dell’esposizione del contenuto il principale limite di tutto il sistema di senso proposto dalla rete. Però il contenuto in rete ha una sua natura quantistica, che lo vede a seconda dell’osservatore, ora particella ora onda. Dunque è nella capacità di dell’osservatore, in questo caso della nostra Content Curation, cogliere, isolare, amplificare e relazionare le singole particelle informative per storicizzarle, o meglio per “storificarle”, trasformarle in racconto leggibile.
Content Curation è tecnologia tecnocreativa.
Ma dunque è il ritorno della buona vecchia redazione? Ni. Indietro non si torna, la rete d’oggi è il più potente sistema editoriale mai esistito al mondo, e noi, i nostri dispositivi mobili, la nostra “personomy” siamo parte del sistema nervoso del mondo. Le tecnologie contano, eccome, sono il nostro il principale strumento prima per la raccolta e la trasformazione delle informazioni in senso, e poi come interfaccia per la loro pubblicazione/condivisione e manipolazione. La Content Curation si occupa di quella parte indispensabile e che nessuno strumento tecnologico (che io sappia) può sostituirla appieno: cogliere la qualità. E scusate se è poco.
Syndication
Social influencing fra Maometto e la montagna.
Facebook come diario del mondo. È uno dei più grandi, quantomeno, perché non è l’unico. Può contare su due miliardi di lettori/scrittori. E di questi, sono ventotto i milioni di italiani si collegano per consultare le sue pagine ovunque, a casa, in tram, a letto, in ufficio.
Ignorare questo dato di fatto è semplicemente antistorico, oltre che impossibile. Il problema della più diffusa critica tuttavia non è tanto quello di sminuirne la sua importanza come media comunicativo, quanto quello di considerarlo figlio di un dio minore, espressione di una vacuità amplificata dalla tecnologia. Che questo corrisponda al vero non si può smentire, così come non si può smentire che sia anche il suo contrario, rappresentando di fatto uno degli strumenti di emancipazione digitale più importanti, che ha dato l’opportunità di usare la rete a milioni di utenti digitalmente prima marginalizzati, ora in grado di generare il più grande flusso informativo della storia recente.
Questo fatto innegabile è il vero cuore del network.
Quello che interessa al progetto è entrare nei processi del network sociale, adottando il modello di Network come Syndication.
In pratica si applica in rete la modalità dei syndication televisivi, con una variazione sostanziale, dettata dalla natura del media:
televisivamente il syndication indica:
“la diffusione radiotelevisiva, la vendita dei diritti di trasmissione di programmi radio e televisivi a singole emittenti televisive locali, senza passare attraverso una rete di emittenti televisive nazionali.”
Per noi, nella diffusione online, diventa “la condivisione dei diritti di pubblicazione di contenuti e promozioni in singole pagine Facebook, senza passare attraverso un sistema centralizzato di
produzione e pubblicazione”.
Questo vuol dire aggregare un insieme di pagine Facebook ognuna autonoma e indipendente, ma che utilizzano convenientemente i contenuti redazionali, gli eventi e le iniziative in network gestite in condivisione adottando una comune policy di pubblicazione basata su tre semplici leggi:
La prima è la reciprocità di ruolo dei partecipanti nelle pagine del network. Questo è il Trust base per tutte le operazioni con altri partner.
La seconda è la pubblicazione, e riguarda il numero e la natura dei contenuti che i partner del syndication garantiscono come minima pubblicazione.
la terza è la promozione, che riguarda sia la diffusione tramite condivisioni e inserzioni, con l’adozione di budget pubblicitari comuni.
Facebook permette di gestire le risorse (pagine, budget pubblicitari, cataloghi, redattori, autori, ecc) coordinando tutta una serie di attività specifiche editoriali e pubblicitarie integrate sia al suo interno, che in magazine web (basate ad esempio in WordPress)
Significa pensare al web come a una piattaforma editoriale dove proporre a gruppi mirati di utenti, contenuti, inserzioni, cataloghi.
Presupposti e precisazioni sul modello tecnologico
I processi di condivisione delle risorse che applichiamo sono conseguenti alla modalità con cui trattiamo i contenuti. Derivano in parte dall’esperienza e in parte dalle caratteristiche delle attuali tecnologie di rete in relazione alle attitudini e abitudini di chi le usa.
Mobilità: utilizziamo solo tecnologie hardware e software che non necessitano di risorse tecniche più di quanto servano oggi a un moderno smartphone, sempre accessibili in movimento e in remoto.
Ubiquità: gli strumenti per generare, gestire e consultare i contenuti del network sono molteplici, tutti in connessione fra loro, nessuno necessario, indipendenti da un sistema o un linguaggio proprietario, tutti sostituibili, ampiamente condivisi nelle pratiche e nelle modalità d’uso dalla maggior parte dei suoi utenti.
Cloud: Tutte le tecnologie utilizzate sono servizi, tutti i contenuti sono elaborabili e accessibili senza intermediari fisici (un luogo e/o una tecnologia residente), non necessita di nessun software specifico da installare, tutto accessibile attraverso un browser o una app “always connected”.
A questi presupposti applichiamo il principio ” Forti con le tecnologie deboli”, ovvero l’uso di tecnologie ampiamente utilizzate, con costi di gestione e senza acquisti di licenze, senza vincoli di proprietà e di gestione.
Questo vuol dire che in questa fase non è prevista la creazione di una “piattaforma”, anzi il suo contrario.
Il sistema si basa su un “ecosistema” di tecnologie/servizi di rete che si relazionano come moduli uno nell’altro, che svolgono specifici compiti e che sono spesso già in uso degli utenti.
Tutto il valore aggiunto sta nel governo del processo con i suoi organi di gestione e nel controllo della qualità, le uniche due funzioni non demandate al sistema.
In conclusione La Content curation ha l’obbiettivo di raccogliere, concentrare e redistribuire topic da una filiera di fonti confermate verso stackeholder politici e sociali, pubblici amministratori e cittadini.
Il Syndication delle pagine Facebook ha l’obbiettivo di condividere in forme strutturate, a condivisione di contenuti e asset generati da un network di pagine che condividono una comune policy di pubblicazione.