La nostra terra, il Veneto, ha vissuto gli ultimi cinquant’anni uno sviluppo economico impetuoso, con accelerazioni che hanno dato senso e visibilità ad una volontà di recuperare il tempo perduto, di riscattare i periodi grami della nostra storia allontanandoli e seppellendoli nei recessi della memoria.
Nelle nostre case e nei nostri paesi sono sempre più appariscenti i risultati positivi prodotti dall’intensa laboriosità che ha connotato i più recenti decenni della vicenda sociale ed economica regionale: una prosperità diffusa, elevati standard di qualità della vita (che in molti casi arrivano all’opulenza ostentata) e dei servizi sociali, la straordinaria inversione del flusso migratorio con l’integrazione di centinaia di migliaia di lavoratori diseredati provenienti da ogni parte del mondo, la persistente vocazione ad intensificare ed innovare l’impegno imprenditoriale e moltiplicare-diversificare le opportunità professionali e le attività produttive, varcando decisamente le soglie dello sviluppo postindustriale, pur dovendo fare i conti con una crisi che “morde” e con processi di delocalizzazione produttiva.
Eppure avvertiamo i segnali di disagio, intravvediamo i rischi di una crescita disordinata (visibile sul paesaggio abbruttito e sull’urbanistica schizofrenica), percepiamo lo stupore di fronte alla dissolvenza dei valori tradizionali e delle risorse costituenti del territorio veneto.
I leganti sociali e l’identità sono scossi dal processo di modernizzazione che da un lato è stato fortemente cercato e praticato e dall’altro è ora temuto e vissuto senza una consapevole e partecipata mediazione politico-culturale accompagni i processi di cambiamento.
Testimonianza del forte deficit di governance sono le trame urbanistiche delle città e della pianura venete oramai travolte dagli insediamenti disordinati: e le antiche armonie di una terra dolce e delicata deperiscono ed in un contesto ambientale degradante anche i comportamenti e le relazioni umane rischiano di declinare verso l’impoverimento culturale e la manifestazione di pericolose patologie sociali.
E’ quindi necessario uno sforzo di rigenerazione umano-ambientale attraverso cui ricavare le risorse morali ed intellettuali per disegnare le coordinate strategiche di quello che è stato definito il Terzo Veneto ed affrontarne inedite sfide sia sul piano della sostenibilità economico-sociale che di un’accelerazione dell’evoluzione culturale.
Questi vaghi ma tenaci pensieri motivano il progetto di una Rivista online, spazio aperto alla ricerca del “Veneto perduto”, con un lavoro di scavo teso a riscoprire in chiave critico-costruttiva le sedimentazioni del periodo storico più recente e recuperare i pezzi di una memoria collettiva depositata negli archivi, nei monumenti oscurati e/o restaurati, nelle biografie dimenticate, nelle vicende sociali, religiose, culturali ed economiche che hanno connotato e si sono sedimentate nel corso della millenaria civiltà dei veneti.