Il Triveneto è ancora l’area dove si legge di più. Lo testimoniano i dati dell’ultimo rapporto Aie, nonostante la chiusura delle librerie e il passaggio al digitale. Perchè la filiera sta cambiando.
di Fabio Bozzato – CULT di VeneziePost – sabato 31 gennaio 2015
La fotografia di un Nordest allergico alla cultura è dura a morire. Tuttavia i segnali contrari ci sono eccome. A smentirla ci prova anche l’ultimo rapporto condotto dall’Associazione italiana editori (Aie) che rivela come le tre regioni vantino indici ben al di sopra della media almeno in fatto di letture. Infatti, se il 43% degli italiani ammette di aver letto in un anno almeno un volume, qui la percentuale sale al 50,6% tra i veneti e i friulani e al 56,4% in Trentino Alto Adige. Anche chi si destreggia fino a tre libri all’anno tiene i valori sopra la media nazionale, oscillando tra il 44% nelle province autonome e ben il 49,5% in Veneto. «Sono dati che non mi sorprendono – dice Alberto Galla, il vicentino diventato presidente dell’Associazione librai indipendenti – Primo perché dove è più alto il livello di vita e di Pil registriamo sempre più alti livelli di lettori. E poi perché conosco bene quanto sia ricco il tessuto culturale e in particolare di librerie indipendenti in tutto il contesto nordestino». La ricerca è stata presentata in questi giorni nel corso della prestigiosa Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri, promossa dall’omonima fondazione e da Messaggerie Italiane. Il tradizionale appuntamento di perfezionamento per addetti al settore, giunto alla 32ma edizione, si è tenuto come sempre alla Fondazione Cini di Venezia, nell’isola di San Giorgio. Trenta librai-studenti hanno seguito una tre giorni, impegnandosi a discutere sulla situazione del mercato editoriale e sulle nuove frontiere della merce-libro. Una maratona aperta dalla scrittrice Jhumpa Lahiri e conclusa con alcuni tra i più importanti librai europei, dall’Inghilterra alla Spagna, da Bordeaux a Francoforte. Se il Nordest sembra un’isola felice, in tutto il Paese si registra una flessione di ben il 6,1% del bacino di lettori. Si calcola che dal 2010 si siano persi 2,6 milioni di italiani con un libro davanti. E questo sembra ancora un problema strutturale: «Abbiamo un’editoria ricchissima con un mercato povero – sintetizza Achille Mauri, presidente di Messaggerie Italiane e patròn della Scuola alla Cini – Abbiamo anche librerie che non hanno niente da invidiare a quelle inglesi. Il problema è aumentare i lettori». Poi c’è la crisi economica, che ha bersagliato anche il mercato-libro. In cifre, nel 2013, il solo fatturato registra un 6,8% in meno. Tutti gli indicatori sono in calo: dal numero di titoli pubblicati (-4,1%) alle copie vendute (-2,3%), fino ai prezzi di copertina sia dei libri di carta (-5,1%) che degli ebook (-20,8%). Vale anche per il Nordest, tra luci e ombre. Tra il 2007 e il 2013 le case editrici nel solo Veneto passano dalle 178 alle 149, che comunque continuano a rappresentare un 7,5% del totale. Qui più che altrove, tuttavia, sono aumentati e di molto i titoli stampati: erano 2229 nel 2007, hanno continuato a calare fino al 2012 scendendo sotto quota 2000 per poi balzare nel nel 2013 a quasi 4600. Se si guarda allo scorcio di 2014 monitorato dall’Aie, lo scenario sembra confermarsi negativo. Secondo l’agenzia di marketing Nielsen si registra un -6,6% del valore di mercato (-33,7milioni di euro rispetto allo stesso periodo del 2013) e 3,7milioni di copie vendute in meno rispetto al primo semestre dell’anno prima. Quanto la crisi abbia invece rafforzato, a dispetto delle vendite, i prestiti nelle biblioteche, il book-crossing o il book-sharing non si sa «e sarebbe interessante incrociare anche questi dati», ammette Galla. Di sicuro, a dare ossigeno al settore sembrano invece due versanti. Un buon andamento dell’export sia di libri (+7,3%) che di diritti d’autore, sia il formato ebook (che vola con un +43% nel numero di titoli nel giro di un anno) e di tutto il comparto digitale, che ormai rappresenta l’8% del mercato. «Un settore in piena grande trasformazione», la definiscono i rapporteur dell’Aie, guidati da Gianni Peresson, che spiega come sia difficile fare previsioni anche sull’anno appena cominciato: «Molto dipenderà dalle politiche d’autore delle case editrici, dalla capacità di costruire fenomeni editoriali e di gestire i social network, oltre all’andamento della crisi». Achille Mauri, dal canto suo, non teme l’aggressività del digitale, né arriva a considerarlo nemico dell’oggetto-libro: «L’editoria può mettere in campo molti strumenti per cavalcare i cambiamenti», ha dichiarato durante la Scuola, facendo riferimento anche ad una prossima eventuale «editoria per smartphone». «Non è ancora chiaro se i lettori cosiddetti “forti” ci stiano tradendo per l’on-line o se integrano carta e digitale – osserva da parte sua Galla – Ma davvero tutta la filiera sta cambiando». Anche a Nordest? «Sì, assolutamente. Anzi qui si sta sperimentando davvero molto». Cita la recente apertura di Open a Mestre, il magazzino dello storico fornitore per uffici Testolini che ora è anche libreria e caffé-ristorante. «Sono veri e propri concept-store che scommettono sulla cultura e le nuove generazioni». Oppure le aggregazioni di marchi tra librerie come è successo a San Donà, Cittadella e Castelfranco. Per non parlare della sua stessa esperienza di joint-venture con Il Libraccio, puntando al mercato dei libri usati e di occasione. C’è chi lavora sullo spazio fisico e su una nuova offerta, dunque. E c’è anche chi scommette sull’alleanza col digitale. Proprio come ha fatto Messaggerie e Deutsche Bank, col progetto “Tolino” lanciato proprio a Venezia, una sorta di eco-sistema che punta sull’e-book attraverso le reti di librerie indipendenti. «Alla fine il mestiere del libraio continua a esercitare il suo gran fascino», sorride Galla.